Mi sono sempre sentita etichettare come una persona che non ha un buon carattere, difficile e complicata. Spesse volte mi sono sentita dire ‘se continui così ti farai il vuoto intorno’. Questo perchè se penso o provo qualcosa, la maggior parte delle volte, la comunico, se non sempre a parole, di frequente con i fatti, la mia parola ed il mio comportamento corrispondono al mio pensiero. E non sempre questo è apprezzato.
Riflettevo che le persone che mi piacciono di più sono proprio quelle che hanno il coraggio di dire ciò che pensano. E di persone così nella mia vita ne ho incontrate veramente poche. Quante volte ci siamo ritrovati ad ascoltare noi stessi (o gli altri) parlare male di un’altra persona alle sue spalle ed invece alla sua presenza ci siamo controllati non dicendo ciò che realmente pensavamo?
Quando io parlo di un’altra persona, sono autentica quando alla sua presenza mi concedo la libertà di dire ciò che penso. Si è vero, non sempre è possibile farlo, occorre valutare la situazione, alcune volte è più opportuno prendere le distanze ed allontanarsi un po’ se ci rendiamo conto che la nostra schiettezza potrebbe accendere una miccia e scatenare un incendio. In questo caso è preferibile il silenzio, c’è una forza nel silenzio che penetra più di quanto la parola saprebbe fare.
Ho deciso di affrontare questo tema a seguito di una situazione che mi ha coinvolta in questi giorni. Un collega a mio modo di vedere non si è comportato in modo corretto nell’ambito del contesto lavorativo e mi sono ritrovata nel dover prendere posizione: essere compiacente e dire a me stessa ‘non sono fatti tuoi’, oppure mettere al corrente chi di dovere dell’accaduto. Ho optato per la seconda e più scomoda soluzione, mi sono detta: ‘non aiuti nessuno non prendendo posizione, decidi da che parte stare e stacci’.
Noi abbiamo delle sovrastrutture che riteniamo la nostra etica che ci limitano all’interno della stessa dinamica come in un circolo vizioso impedendoci di essere davvero chi siamo. Le sovrastrutture sono il nostro passato, la nostra estrazione sociale e culturale, il bagaglio di conoscenze e di ignoranze, le nostre esperienze, i nostri traumi. Serve un lavoro serio per riuscire ad abbandonarle ed essere ricettivi come può esserlo un bambino che ancora non ne ha. Anche perché ci siamo affezionati, in qualche modo ci rassicurano, codificano secondo una logica assodata tutto ciò e chiunque incontriamo, ci danno sostegno ecc. (nel bene e nel male).
Essere compiacenti ci fa sentire delle ‘brave persone’ ma in verità la compiacenza non aiuta né me e né gli altri e non mi permette di crescere in quanto mi obbliga a seppellire i miei veri sentimenti in virtù di sentimenti (e comportamenti) più socialmente accettati. Lo sviluppo personale avviene tanto più velocemente, quanto più siamo disposti a non credere troppo di essere delle ‘brave persone’. Un contesto dove esponendomi correvo il rischio di essere criticata, giudicata e allontanata, poteva far si che io non mi aprissi completamente, e dunque, in parte sarei stata nella maschera.
Espormi è stata una mia scelta, come mia la valutazione della situazione in cui mi trovavo e del rischio che correvo. È molto sottile la linea fra non compiacere e giudicare, non compiacere non significa sparare a zero su ciò che non mi piace o non condivido. Non compiacere significa, per me, rapportarmi agli altri senza pregiudizio e con onestà intellettuale, a prescindere da come siano fatti gli altri e mi rapporterò così con chiunque, trovando il giusto equilibrio tra l’essere autentica e il proteggermi (mica facile).
Anche perchè giudicare gli altri è un’efficace strategia difensiva che alla lunga crea distanza, porta negatività e mi allontana dal mio vero Se’.
Grazie ad una maggiore conoscenza di se stessi, si può imparare ad abbandonare le sovrastrutture e i filtri per prendere le decisioni che più ci rispecchiano, compiendo la cosa che riteniamo giusta per noi e nella maniera più naturale possibile. Quando l’azione è simultanea al pensiero, viviamo nella vita piena, tutto quello che è al di fuori di qui, non è autentico. Vivere nell’autenticità, il più bel dono che possiamo fare a noi stessi.
Favoriamo il processo di ritrovare chi siamo in modo che possiamo esprimerci pienamente, perchè questo è un bene per noi ed è un bene per gli altri.
Se desideri ‘ESSERE autentico’, scoprire la tua unicità, contattami, inizia un percorso di Coaching, ora è il momento giusto.
A presto!
Olga
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2 commenti
Grazie Dottoressa, in questo articolo mi sono ritrovata e mi ha dato tanti spunti di riflessione .
Che bello Monica!! Ne sono felice!!! Grazie per essere qui, per essere salita a bordo!! Ti aspetto, torna a trovarmi, è un piacere poter condividere, riflettere e crescere insieme!!! Un forte abbraccio! A presto!!!